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Racchetta elettrica per insetti – ripristino e upgrade

Un tennista formidabile! E’ quello che pensano le zanzare di me prima di essere arrostite con la mia indispensabile racchetta elettrica. Nell’ultimo periodo però, ero dovuto tornare ai vecchi metodi casalinghi, perlopiù la ciabatta per intenderci. Perchè?

Introduzione

Nell’ultimo periodo la mia fidata racchetta elettrica anti-zanzare iniziava a scaricarsi molto velocemente, fino a pochi giorni fa in cui, dopo una notte intera di ricarica, si scaricava alla prima pressione del pulsante, rendendone quindi inutile il suo utilizzo (e conseguente soddisfazione delle zanzare che riuscivano a sfuggirmi, passando indenni attraverso la racchetta).

E’ così che ho dovuto svegliare quei due neuroni assopiti nella mia testa per tentare il ripristino della racchetta elettrica, pena notti insonni e pruriti da punture per tutti i gusti.

Ho quindi proceduto all’apertura della racchetta che si presentava così:

Componenti originali presenti all’apertura della racchetta

Quindi da sinistra verso destra osserviamo la scheda elettronica, il corpo batterie e la spina a scomparsa per la ricarica a 220v AC. Sicuramente era necessario sostituire il corpo batterie, in quanto non riuscivano più a tenere la carica appunto; ma un terzo neurone, di cui mi ero dimenticato dell’esistenza, mi suggerì anche di migliorare il “reparto di ricarica”, estremamente scomodo in effetti.

Ad ogni ricarica, infatti, alzando le linguette apposite, dovevo inserire la racchetta nella presa di casa. Un’operazione apparentemente semplice, ma in realtà molto fastidiosa: bisognava trovare un qualche appoggio, considerato il peso che non poteva essere retto solo dalle 2 linguette. Inoltre bisognava avere molto spazio intorno alla presa e per di più non doveva essere una di tipo shuko. Chi possiede una racchetta di questo modello, sa di che parlo e so che empatizza molto bene con me.

Neurone3 così mi suggerì di convertire la ricarica da 220v AC in USB (5v DC), come tantissimi dispositivi in giro per casa, così da risolvere questo fastidio definitivamente. Ecco com’è andata.

Cosa occorre

Per modificare la racchetta, servivano in sostanza 2 elementi da acquistare:

Le batterie precedenti non riportavano alcun codice identificativo, per cui non so di preciso che potenza avessero, ma leggendo in giro almeno avevo intuito che dovessero avere una tensione intorno ai 4v massimo. Così avevo pensato di usare una batteria del tipo 18650 che solitamente sono da 3.000-3.500 mAh, ma i prezzi abbordabili erano solo su Aliexpress, con consegna intorno ai 60 giorni. In questo caso, non avrei potuto attendere tutto questo tempo, per cui ho optato per quelle trovate su Amazon da 3.7v da 1.100 mAh, non conoscendo né dimensioni né durata reale.

Si comincia…

Dopo aver tolto le vecchie batterie e i connettori della spina per la ricarica, ho provato ad inserire i componenti negli alloggi, rimuovendo anche un piccolo piolo per “sedere” comodamente il modulo carica batteria, come si evince dalla foto seguente.

Prova disposizione batterie e modulo ricarica

Con mio stupore, nell’alloggio entravano perfettamente due batterie una accanto all’altra che collegate in parallelo mi avrebbero dato 2.200 mAh, sicuramente una durata maggiore rispetto alle precedenti.

Ho poi proceduto a creare il foro per la ricarica USB bucando la plastica con la punta del saldatore, quindi ho incollato il modulo con la colla a caldo nel suo alloggio.

Foro per ricarica USB e colla a caldo per fissaggio

Una volta che la colla era indurita, ho saldato in parallelo le due batterie e ho collegato i poli sulle uscite B+ e B- del modulo di ricarica. Infine ho collegato il cavo USB per provare se la carica procedesse come previsto. Dalla foto seguente, infatti, si vede il led rosso acceso, quindi in carica.

Collegamento batterie e prova di carica

Ho in ultimo collegato le altre due uscite del modulo di ricarica, OUT+ e OUT- dove era collegata prima la batteria vecchia ormai esausta, rispettando ovviamente le polarità.

Il modulo acquistato infatti non solo gestisce la ricarica, ma protegge le batterie, staccandole dal circuito se troppo scariche o troppo cariche, garantendo anche una protezione sulla scheda di controllo della racchetta.

Collegamenti ultimati e prova della racchetta

Dopo aver completato l’assemblaggio, ho provato a pigiare il pulsante e senza mettere in corto le piastre della racchetta, si sentiva benissimo la carica della corrente (si sente solitamente quando la racchetta è carica al massimo).

L’impressione è che forse è ancora più “mortale” rispetto a prima, oltre a durare molto di più con una singola carica.

Il led di segnalazione “in carica” chiaramente non accende più, in quanto non ha più la 220v in ingresso. Avrei potuto saldarlo al posto del led di carica del modulo, così da accenderlo durante la carica.

In realtà però ho deciso di non fare altro in quanto, come si evince dalle foto a seguire, dal foro di ricarica USB si vede se è ancora in carica (rosso) o se ha finito la carica delle batterie (blu).

Racchetta in carica
Racchetta carica

Conclusioni

Alla fine, con una minima spesa, sono riuscito non solo a ripristinare il funzionamento della racchetta, ma anche a migliorarla, sia in termini di durata dopo la carica, sia in termini di potenza d’esercizio, sia in comodità per la ricarica stessa che, come accennato prima, sarà meno frequente e meno difficoltosa.

Userò le altre 2 batterie e un altro modulo di carica per fare la stessa modifica ad un’altra racchetta elettrica, rimasta abbandonata in garage, in quanto non funzionante e mai attenzionata più di tanto, avendone a disposizione un’altra integra. Con l’occasione quindi riporterò in vita anche quella, sia per ammortizzare la spesa (una racchetta nuova sarebbe costata meno, anche se meno potente e duratura di questa ovviamente), sia per limitare l’inquinamento ambientale, schiavi dell’usa-e-getta quali siamo.

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